Le emozioni rappresentano il fattore chiave nel marketing, poiché possono attirare l’attenzione dei consumatori, influenzare le loro decisioni e permettere la creazione di un legame emotivo con un prodotto, marchio o azienda.
Attraverso il marketing emozionale è possibile creare un coinvolgimento emotivo profondo con il pubblico (per esempio, una pubblicità che evoca felicità, gioia o commozione è in grado di attirare l’attenzione creando una connessione emotiva con il messaggio o prodotto). Questo coinvolgimento emotivo può avvenire tramite:
- Creazione di associazioni positive: una pubblicità di una bevanda che mostra persone spensierate che si divertono può creare un’associazione tra la bevanda e l’emozione di gioia;
- Stimolazione dell’empatia nei confronti di problemi o situazioni specifiche: una campagna di sensibilizzazione per una causa sociale può fare leva su emozioni di compassione e tristezza per attirare l’attenzione e incoraggiare il sostegno;
- Rafforzamento dell’identità del marchio e differenziazione dalla concorrenza: un marchio di automobili può evocare sensazioni di libertà, avventura e potenza per creare un’immagine distintiva e attraente;
- Generazione di urgenza per spingere all’azione: una promozione a tempo limitato può generare la paura di perdere un’opportunità con l’obiettivo di indurre le persone ad agire immediatamente.
Facendo leva sulle emozioni, quindi, il marketing emozionale punta a creare un’esperienza cliente memorabile, generando, prevedendo e anticipando i bisogni, spesso latenti, delle persone, essendo già in grado di fornire una risposta alle loro azioni e sensazioni.
Marketing Emozionale della Paura
Nonostante siamo abituati a pensare ad associazioni per lo più positive, in realtà, tra le molteplici emozioni che possono essere sfruttate, una delle più potenti è la paura, in quanto può spingere le persone ad agire in modo impulsivo e a prendere decisioni rapide: la strategia del marketing della pausa mira a stimolare le paure e le preoccupazioni delle persone creando un senso di urgenza e di necessità che spinge i consumatori a reagire immediatamente compiendo un’azione (comportamento o acquisto).
Concentrandosi sull’identificazione delle paure dei consumatori, questa strategia può essere utilizzata in vari settori, come la prevenzione medica, la sicurezza personale, l’ambiente, ecc. Ad esempio, le campagne pubblicitarie che mettono in evidenza i pericoli del fumo o le conseguenze di una cattiva alimentazione utilizzano la paura come leva per spingere le persone a cambiare le proprie abitudini.
Hai mai sentito parlare di “paura della scarsità”?
Le persone tendono ad agire rapidamente quando percepiscono una possibile perdita o un’opportunità limitata. Basti pensare a quando si legge di un prodotto “in esaurimento”, oppure di un’offerta in scadenza tra X giorni o X minuti: anche se non si ha la reale necessità di ottenere qualcosa, più la sua disponibilità è limitata, più le persone tendono a desiderarla.
Quali effetti può avere il marketing della paura e che implicazioni etiche comporta?
Per quanto riguarda l’impatto emotivo e cognitivo, quando una persona è spaventata, il suo cervello attiva una risposta di lotta o fuga, che può portarla ad agire impulsivamente, prendendo decisioni rapide e inconsapevoli. Inoltre, la paura può anche influenzare la percezione del rischio e della gravità di una determinata situazione, rendendo le persone più disposte a pagare di più per un prodotto o servizio che promette di mitigare la loro paura.
Esiste anche la questione dell’etica e della responsabilità, infatti, se questa strategia può essere efficace dal punto di vista commerciale, solleva anche questioni etiche: stimolare le paure dei consumatori può essere considerato manipolazione e sfruttamento della vulnerabilità delle persone. È importante che chi utilizza questa tecnica sia consapevole del confine tra una pubblicità che sfrutta la paura e una che informa in modo responsabile i consumatori sui reali rischi e benefici di un prodotto o servizio.
Ma la paura funziona davvero?
Attraverso la comunicazione, abbiamo visto, è possibile creare un disagio e destabilizzare, generando un’emozione che spinga ad agire. La paura funziona però quando, dopo ad aver “spaventato”, la comunicazione fornisce anche delle credibili e semplici istruzioni e soluzioni al problema generato che permettano di fidarsi della fonte da cui provengono.
La leva della paura deve essere utilizzata con ingegno e cautela per non rischiare di ottenere l’effetto opposto, ossia generare il caos e terrorizzare (un esempio dei nostri tempi sono state le comunicazioni, spesso contradditorie, durante la Pandemia COVID19, con gli assalti ai supermercati, alle mascherine e alle taniche di Amuchina) o, ancora peggio, paralizzare (se l’informazione è ritenuta non fattibile o non in grado di cambiare le cose, le persone possono non intraprendere alcuna azione e rassegnarsi)!
In conclusione, il futuro del marketing dovrà tenere conto di queste considerazioni e adottare approcci più etici ed empatici per raggiungere i risultati desiderati senza sfruttare le paure delle persone e anticipandone i bisogni. Inoltre, ricordiamo che la paura è la leva emozionale più forte, ma nelle strategie comunicative e di marketing non è l’unica utilizzabile: gioia, felicità, sorpresa, attesa e rabbia, ad esempio, rappresentano ottime leve per raggiungere e stimolare il proprio target.
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