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Una chiacchierata con Lucilla Danesi, imprenditrice e CEO di Geoplant Vivai srl.

Che rapporto c’è tra l’espansione della tua azienda e il mondo del web?

Premetto che Geoplant è nata come B2B, lavora molto con il mondo del professionale e dell’ingrosso, dove sicuramente la digitalizzazione e il web hanno un impatto minore perché ci si trova tramite altri canali, come le fiere, i rapporti storicizzati, il mondo della ricerca e dell’università. Però devo dire che sicuramente le piattaforme web hanno aiutato tantissimo a farci conoscere a una vasta platea di aziende, di consumatori medio piccoli e hobbisti. Quando abbiamo deciso che non avremmo più voluto essere solo un’azienda B2B, ma un’azienda che si rivolgeva anche al consumatore finale e alle piccole realtà, lavorare sia sul sito che sui social è diventato strategico. Siamo più forti su Facebook che su Instagram forse perché ci abbiamo creduto prima o perché è un social più datato. Dieci, quindici anni fa Facebook lo utilizzavano solo gli under 40/50 in genere e i digital-lover, coloro che sono migrati su altri social; invece il mondo agricolo, soprattutto quello di tanti Paesi europei, ci cerca ancora tramite Facebook, un social che per molti è relativamente nuovo. Quindi, sì, devo dire che il web ha aiutato tantissimo a farci conoscere!

Cosa significa per te essere presenti sui social?

Tantissime aziende, anche molto importanti, vengono a vedere se sei presente sui social (principalmente Linkedin, poi Facebook e Instagram) e, in primis, se hai un tuo sito web aziendale organico e chiaro.

Essere sul web è fondamentale nel settore hobby perché permette in modo veloce e diretto di comunicare le novità e tutto ciò che si ha di disponibile, permettendo quell’immediatezza che gli altri canali non consentono.

Quale rapporto c’è tra il settore agricolo e il mondo digitale?

L’agricoltura è forse il settore più tradizionale, però devo dire che nell’ultimo decennio anche gli agricoltori hanno iniziato a cercarci e a documentarsi tramite il web e il nostro sito, che devo dire mi piace molto nella nuova veste grafica che gli avete dato.

Come si è evoluto il mercato di riferimento nel digitale?

L’agricoltura si è evoluta cercando sempre maggiore specializzazione e novità, mentre anni fa la clientela si rivolgeva a noi in modo tradizionale, affidandosi a quelli che erano i canali tradizionali e i prodotti più consolidati. Devo dire che il digitale ci ha sicuramente dato visibilità ed ha incentivato le vendite, ma le ha anche, in qualche modo, sclerotizzate. C’è sempre questa ricerca ossessiva dell’ultima novità, senza tregua, un po’ quello che è successo nella moda con il fast fashion, dove c’è una ricerca spasmodica della novità. Un mercato che si evolve in questo modo è complicato da gestire ed anche definibile, a tratti, come mercato “drogato di niente” perché poi i prodotti che valgono non sono infiniti. Come si dice “non comprare 10 maglioni, ma comprane uno di qualità”, allo stesso modo anche nel nostro settore spesso non ha senso comprare dieci diverse varietà quando sono sufficienti le tre, quattro che meglio rispondono ai bisogni interni. Il digitale purtroppo ha sclerotizzato e vulcanizzato richieste e consumi, è un vero peccato perché si genera confusione.
Altra cosa che non mi piace del digitale è il fatto di essere costantemente reperibili. Devo dire che ricevere notifiche per ordini via whatsapp o messenger prima di andare a letto, non è troppo piacevole.

L’anno scorso un tuo collega è andato in Uzbekistan, quindi vorrei chiederti quanto è importante il digitale nelle relazioni con i clienti dall’altra parte del mondo?

Le comunicazioni sono state totalmente agevolate dal web, è innegabile. Il digitale rende la comunicazione molto più fluida e tutti più raggiungibili. Quei famosi 6 gradi di separazione per cui in 6 passaggi si potrebbe arrivare a contattare il presidente degli Stati Uniti o quasi si sono ridotti a un solo passaggio spesso. Tutte le intermediazioni, tutte le difficoltà della distanza saltano, si è immediatamente raggiungibili. Sicuramente il digitale ha avvicinato le distanze. Qualche settimana fa, solo per fare un esempio, ho ricevuto la visita di aziende kirghise i cui direttori erano in Europa per la fiera agricola di Berlino e che mi hanno trovata sulle piattaforme web appena pochi giorni prima dell’incontro. Nel settore della fragola della mia azienda, dove il mercato è 80% estero e 20% Italia, i contatti tramite il web sono vivacissimi, oltre che molto utili. Sono costantemente in contatto con aziende dell’altra parte del mondo, di cui non sapevo nulla fino a 5 minuti prima.

Riguardo all’esperimento che abbiamo fatto con pianteperorto.it, quindi una vendita diretta al consumatore finale spesso hobbista, come stanno andando le vendite? 

Benissimo, pianteperorto.it per alcuni prodotti è un canale che funziona e che ci ha permesso di andare in sold-out nel giro di poche settimane. Quindi è sicuramente qualcosa di strategico e che dovremmo implementare a breve, perché ha un potenziale incredibile che noi stiamo sfruttando limitatamente, questo per nostre difficoltà interne, in quanto azienda strutturata per il business-to-business, ma ancora poco per comunicare con il “rapido” settore amatoriale.

Quali sono i valori che hanno ispirato il tuo lavoro come imprenditrice e come imprenditrice donna?

Sono approdata nel favoloso mondo dell’Agricoltura con grande riconoscenza, tramite la mia famiglia, che lavora nel settore del vivaismo da più di 40 anni. Sicuramente una grande propensione, disponibilità e amore per l’impresa in senso lato mi sono state trasmesse proprio dai miei genitori, da mio padre in primis. Poi, una volta arrivata in questo ambito, ho cercato modalità e un canale con i quali questa professione potesse sposarsi con la mia scala valoriale, anche perché se non si riesce a trovare questo match in un’azienda ci si rimane pochi anni, anche se si tratta di azienda di famiglia.

Valori che mi hanno sempre animata e sostenuta sono l’armonia e la giustizia sociale. Questo lo dico con grande fermezza e consapevolezza perché troppo spesso, oggigiorno, ci sono “imprenditori” che da soli fatturano 10-20 milioni di euro, ma “nutrono” giusto se stessi e un ristretto numero di collaboratori.

Gli imprenditori dovrebbero avere una missione sociale e secondo me un’impresa ha valore nel momento in cui nutre un territorio ed un vasto gruppo di persone, chiaramente questo in base alla dimensione e fatturato aziendale. E’ fondamentale che le imprese abbiano consapevolezza sociale e gestiscano con dignità i propri lavoratori.

Altro valore è la crescita personale, mi spiego: non riesco a pensare ad un’azienda e ad una professione in genere, come a qualcosa che oltre a darmi uno stipendio, al contempo non mi faccia crescere anche come persona. In un’azienda ci sto bene quando sento che tramite i suoi meccanismi e le sue modalità mi fa crescere anche a livello personale. Io in cambio, mi appassiono e faccio crescere lei, l’azienda, come fosse un’entità umana. È proprio un dare e un avere. Il terzo elemento è il dinamismo, cioè la capacità di comprendere velocemente i diversi mercati e le loro evoluzioni e rispondere di conseguenza, tempestivamente.

Essere un’azienda internazionale come Geoplant è motivo di orgoglio, potresti darmi 3 consigli per poter ambire a questo obiettivo?

Il primo consiglio che mi sento di dare è quello di muoversi con forte concretezza e pragmatismo.

Un altro aspetto fondamentale è l’innovazione, nel nostro caso è stata l’innovazione varietale, cioè il miglioramento genetico, il fatto di trovare nuove varietà che rispondessero alle esigenze dei mercati. L’innovazione è fondamentale in qualunque campo.

Come terzo elemento direi la capacità comunicativa, cioè sapere comunicare con le persone e essere aperti al mondo perché questo permette di incamerare relazioni, competenze e conoscenze, che poi si traducono in risultato.

E’ fondamentale non aver paura di viaggiare, non rimanere chiusi nella propria enclave, ma uscire dalla kasba.

Formazione e mondo del lavoro: cosa manca nel tuo settore per incentivare i giovani?

Essere un’azienda tradizionale spesso si traduce nell’essere un’azienda conservativa e chiusa, invece l’apertura aiuta a crescere, o perlomeno, a consolidare. Ecco, suggerirei a tante aziende del settore di essere più consapevoli della propria dimensione imprenditoriale e di sfruttare appieno le ampie possibilità del digitale!

Tirocini curricolari: come possono diventare un’opportunità di impiego?

Sì, certo ci avvaliamo dello strumento del tirocinio. Lo scorso anno ad esempio abbiamo avuto in azienda una bravissima tirocinante e siamo in contatto con l’istituto Agrario di Ravenna.

Non solo tirocini, ma anche borse di dottorato: per esempio da tre anni stiamo portando avanti una borsa di dottorato con un formidabile ragazzo proveniente dall’Università Politecnica delle Marche e dall’eccellente gruppo dei prof. Mezzetti e Capocasa; e collaborando ad un progetto europeo che si concluderà nell’ottobre 2023.

Quest’anno festeggiamo oltre 10 anni di collaborazione tra le nostre due realtà. Potresti darci un consiglio su come la nostra azienda può supportarti ulteriormente nella tua crescita.

Intanto facciamoci più colazioni assieme, bisogna trovarsi ogni tanto perché quando ci si vede si comunica e nascono nuove idee.

È dalla comunicazione e dallo scambio che nascono progetti, a volte anche quelli più stravaganti, che spesso poi diventano concreti. Da soli si combina poco, assieme si ha la forza di mettere a punto strategie vincenti.

Infine dobbiamo implementare e lavorare tanto su Instagram e su Linkedin, due piattaforme su cui ci sono ampi margini di manovra.

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